Parecchi anni fa, ma se ci pensate bene neanche tanti, fotografare a colori o in B&N era una scelta da prendere a priori. Inoltre, nell’ambito di questa scelta, vi erano da prendere altre decisioni come il tipo di pellicola ( negativo o diapositiva, KodakEktachrome, Fuji Velvia o Provia , sensibilità Iso ecc. ) e le modalità di sviluppo e stampa. Nel caso delle stampe a colori la scelta era obbligata in quanto difficilmente era possibile avere risultati soddisfacenti nel proprio laboratorio e quindi si doveva avere uno stampatore di fiducia. Con il B&N invece vi era molta più scelta, sia nello sviluppo della pellicola sia in stampa e post produzione, e molto è rimasto ancora ora.
Se ci fate caso la maggior parte dei fotografi, anche famosi, scattava in B&N e, tra quelli che sceglievano il colore, quasi tutti utilizzavano le diapositive e pochissimi si cimentavano in elaborazioni in post produzione.
La fotografia digitale, tra le tante innovazioni, ha quindi portato la novità della gestione in autonomia del colore in post produzione; è possibile scattare una foto pensando dopo a tutto il resto. Possiamo posticipare la scelta se vogliamo il file o la stampa in B&N o a colori, se tendente al seppia o al platino, più o meno contrastata, con grana o senza grana, satura o meno. E’ una libertà di azione che era inimmaginabile e che possiamo posticipare quando e come vogliamo dopo lo scatto.
La magia parte effettuando la fotografia salvando il file raw, che è esattamente quello che vede e registra il sensore; senza quindi elaborazioni o compressioni.
Vi sono chiaramente dei pro e dei contro e dipende molto da quanto si vuole lavorare sui file e con i programmi. Infatti il file “grezzo” dev’essere senza eccezioni sviluppato con programmi o plugin messi a disposizione dalle stesse società che vendono le macchine fotografiche e sono diversi per ogni modello. E’ da considerare inoltre che “pesano” più dei .jpeg, ma meno del Tif a 16 bit, e quindi le schede di memoria ( come gli HardDisk ) si riempiono più velocemente.
Il consiglio che posso dare, se volete il massimo della qualità, è senz’altro di salvare lo stesso scatto in Raw e in jpeg. Il Raw per effettuare la post produzione ( file da salvare poi in Tif 16 bit ) e il jpeg per una rapida visualizzazione e condivisione, oppure se il risultato, elaborato con le impostazioni scelte direttamente sulla macchina fotografica, ci piace e non vogliamo variare nulla.
La scelta del doppio salvataggio è dettata dal fatto che il file Raw è lo scatto “originale” anche in caso di contestazioni sulla paternità ed ha un dettaglio elevatissimo in quanto, oltre al resto, è con 14/16 bit non compressi mentre il jpeg è a 8 bit con elaborazioni eseguite da una macchina fotografica e non da un programma come potrebbe essere Photoshop. Il file jpeg è inoltre compresso e ogni volta che si apre e si salva perde di qualità e dettaglio.
Il file Raw ha il massimo delle informazioni e può essere salvato sia in Jpeg sia in Tiff. Con quest’ultimo formato si possono salvare i livelli di Photoshop e quindi effettuare una post produzione non “distruttiva” ai massimi livelli ed avere uno spazio colore più elevato. Sarà tutto più chiaro quando si parlerà di Photoshop.
Nei prossimi articoli si affronteranno gli altri aspetti relativi alla gestione colore che, ricordo, significa anche l’assenza del colore, cioè il B&N.
Riassumendo, se volete cominciare a gestire il colore, il 1° passo è scattare in Raw !!!
RS
Gestione colore. Da dove cominciare. Riviste e libri consigliati – Cromorama di Riccardo Falcinelli.
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